Che l'anima si vede da come si sta su una panchina a guardare il tramonto delle zitelle e pescatori al calamaro, parlando con una cadenza che è un mazzo di fiori raccolti sui cigli di ogni strada percorsa ed ascoltando il silenzio di un corvo che saltella. Cerca briciole l'occhio nero, dalle pietre all'acqua e poco trova a quest'ora, nemmeno una scaglia di cono gelato.
Non sa nulla del vento la donna che dorme.
A lasciarsi trascinar via dalle cose, per mal combinate che le troviamo, ci sarebbe da morir di poesia. (Louis Ferdinand Céline)
venerdì 9 maggio 2014
Frammento 1
Che l'anima si vede da come si sta su una panchina a guardare il tramonto delle zitelle e pescatori al calamaro, parlando con una cadenza che è un mazzo di fiori raccolti sui cigli di ogni strada percorsa ed ascoltando il silenzio di un corvo che saltella. Cerca briciole l'occhio nero, dalle pietre all'acqua e poco trova a quest'ora, nemmeno una scaglia di cono gelato.
martedì 6 maggio 2014
Istantanee.
Antonio sull'autobus imita il fischio
del merlo ed un suono basso da campionatore elettronico, poi gira la
testa e tutti lo guardano. Continua al ritmo di un pensiero immobile,
di una zona d'ombra confortante, dove ha già stabilito, lascerà un
po' di prato anche per Marta, viso di bimba circondato di peluria,
che si vede solo quando la sfiora il sole. E solo se le si siede di
fianco, di fronte è difficile.
Occhi vicini e ciglia folte, sembra un
quadro di famiglia, sintesi di rami e radici, la durezza di un
magiaro, il profilo da pallida austriaca, mani lunghe da pianista.
Corpo umile della terra, lei non sente il merlo che fischia e nemmeno
il basso campionatore. Vede un viso bruno, con rughe, poche, attorno
al mento: hanno i toni del marrone che si trovano sfogliando un
albero, sugli anelli, sui suoi anni. Sotto quei rami vorrebbe stare.
Marta, pensiero vigile, le parole non servono a nulla.
domenica 6 aprile 2014
Rainer Maria Rilke - I Quaderni di Malte Laurids Brigge
Guardati dalla luce che rende più cavo lo spazio; non volgere attorno lo sguardo per cogliere un'ombra che si staglia dietro la tua notte in bianco come tua padrona. Meglio allore se fossi rimasto nel buio e il tuo cuore illimitato avesse cercato di essere il cuore pesante della totalità indistinguibile. Ora ti sei raccolto in te stesso, ti vedi completamente in tua balia, di tanto in tanto con gesto impreciso ti ripassi il volto. E in te non c'è quasi più spazio; e quasi ti acquieta che in questa tua ristrettezza non possa dimorare l'immane; che neanche l'inaudito debba contenersi e limitarsi adeguandosi alle condizioni. Ma fuori, fuori non c' è previsione o misura; e se fuori cresce, allora si colma anche in te, non nei vasi parzialmente in tuo potere o nell'indolenza dei tuoi organi più indifferenti: cresce nei capillari, incanalandosi verso l'alto nelle diramazioni più estreme della tua esistenza dalle innumerabili fronde. Là si erge, là ti sovrasta, supera i vertici del tuo respiro nel quale ti sei rifugiato come tuo ultimo scampo. Ah, e poi dove, dove? Il tuo cuore si strappa da te, il tuo cuore ti incalza alle spalle, e sei già quasi al di fuori di te e non puoi tornare indietro. Come un coleottero schiacciato da un piede coli su te stesso e quel po' di durezza in superficie e di adattamento sono privi di senso.
giovedì 13 marzo 2014
15:00
Sai di acqua che ritorna
a ripulir carcasse vuote
carezza salsa lascia segni
aloni bianchi al suo passare.
Sai di amido per colletti
e polsini coi gemelli
eleganza di parole
nuovi androni in cui fuggire.
Tiepido aroma d'uva passa,
da annegare nel liquore,
senza spirito si resta secchi,
troppo annulla ogni sapore.
a ripulir carcasse vuote
carezza salsa lascia segni
aloni bianchi al suo passare.
Sai di amido per colletti
e polsini coi gemelli
eleganza di parole
nuovi androni in cui fuggire.
Tiepido aroma d'uva passa,
da annegare nel liquore,
senza spirito si resta secchi,
troppo annulla ogni sapore.
lunedì 17 febbraio 2014
domenica 19 gennaio 2014
Il tempo è un signore distratto, è un bambino che dorme.
E se vai all'Hotel Supramonte e guardi il cielo
tu vedrai una donna in fiamme e un uomo solo
e una lettera vera di notte falsa di giorno
poi scuse accuse e scuse senza ritorno
e ora viaggi vivi ridi o sei perduta
col suo ordine discreto dentro il cuore
ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore.
Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facile
grazie a te ho una barca da scrivere ho un treno da perdere
e un invito all'Hotel Supramonte dove ho visto la neve
sul tuo corpo così dolce di fame così dolce di sete
passerà anche questa stazione senza far male
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore
ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore.
E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome
ora il tempo è un signore distratto è un bambino che dorme
ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano
cosa importa se sono caduto se sono lontano
perché domani sarà un giorno lungo e senza parole
perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole
ma dove dov'è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore.
mercoledì 15 gennaio 2014
Punture
Pellicola facilmente impressionabile,
dalla cima abbraccio un'idea di me.
La mia cartolina, puntino in una distesa
di verde e blu, puntino che guarda in basso
e non vorrebbe scendere, non ora, non lì.
Non dove si respira noia,
non dove si ride al veleno.
L'anima pesa sul piatto della bilancia
servirebbe un antidoto
per farla guarire.
Strisciando il mugo ha raggiunto il confine,
così ancorato a terra, così vicino al cielo.
Solitario e austero non cresce in valle,
non cresce nei prati calpestati dagli uomini.
Mi chino, lo sfioro, mi pungo.
Mia nonna sapeva fare le punture, era l'unica nei dintorni. Era un dono, una dote, un sapere. Veniva dopo il prete, l'oste, il fornaio. Era una garanzia saperla vicina per chi si ammalava, saperla presente per chi temeva. Faceva i suoi bei chilometri a piedi per raggiungere tutti. Nessuno mai si è mosso quando ha avuto bisogno di una puntura.
dalla cima abbraccio un'idea di me.
La mia cartolina, puntino in una distesa
di verde e blu, puntino che guarda in basso
e non vorrebbe scendere, non ora, non lì.
Non dove si respira noia,
non dove si ride al veleno.
L'anima pesa sul piatto della bilancia
servirebbe un antidoto
per farla guarire.
Strisciando il mugo ha raggiunto il confine,
così ancorato a terra, così vicino al cielo.
Solitario e austero non cresce in valle,
non cresce nei prati calpestati dagli uomini.
Mi chino, lo sfioro, mi pungo.
Mia nonna sapeva fare le punture, era l'unica nei dintorni. Era un dono, una dote, un sapere. Veniva dopo il prete, l'oste, il fornaio. Era una garanzia saperla vicina per chi si ammalava, saperla presente per chi temeva. Faceva i suoi bei chilometri a piedi per raggiungere tutti. Nessuno mai si è mosso quando ha avuto bisogno di una puntura.
sabato 4 gennaio 2014
Alone.
Pesco sempre tra le spugne
la più vecchia ed incolore.
Non distinguo più la forma,
non quadrata, non rotonda.
Ogni fibre ha assorbito
olio, grasso e vino rosso,
ammoniaca, acetone, acqua di congelatore.
Ma le macchie se ne vanno
solamente al suo passare.
Solo quando il tuo scopo
sembra ormai terminato,
solo allora puoi cominciare
a servirlo egregiamente.
la più vecchia ed incolore.
Non distinguo più la forma,
non quadrata, non rotonda.
Ogni fibre ha assorbito
olio, grasso e vino rosso,
ammoniaca, acetone, acqua di congelatore.
Ma le macchie se ne vanno
solamente al suo passare.
Solo quando il tuo scopo
sembra ormai terminato,
solo allora puoi cominciare
a servirlo egregiamente.
venerdì 22 novembre 2013
Ad maiorem gloriam poesiae.
Si pettinino pure i capelli -
queste grottesche commesse -
in quel modo buffo o in quell'altro.
Si dipingano pure le labbra
di un grido rosso.
Si inciprino pure la faccia
fino a inaridirla.
Io le immagino davanti allo specchio
che tentano di fare una poesia.
Emanuel Carnevali
queste grottesche commesse -
in quel modo buffo o in quell'altro.
Si dipingano pure le labbra
di un grido rosso.
Si inciprino pure la faccia
fino a inaridirla.
Io le immagino davanti allo specchio
che tentano di fare una poesia.
Emanuel Carnevali
giovedì 14 novembre 2013
Semi de Zuca
Belùn le piena de zuchère.
Le nas, le cres, le fioris.
Le fa fioi, le madura, le marzis.
E po'... le mor.
Sempre intorno al ledamèr.
Le nas, le cres, le fioris.
Le fa fioi, le madura, le marzis.
E po'... le mor.
Sempre intorno al ledamèr.
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