Guardati dalla luce che rende più cavo lo spazio; non volgere attorno lo sguardo per cogliere un'ombra che si staglia dietro la tua notte in bianco come tua padrona. Meglio allore se fossi rimasto nel buio e il tuo cuore illimitato avesse cercato di essere il cuore pesante della totalità indistinguibile. Ora ti sei raccolto in te stesso, ti vedi completamente in tua balia, di tanto in tanto con gesto impreciso ti ripassi il volto. E in te non c'è quasi più spazio; e quasi ti acquieta che in questa tua ristrettezza non possa dimorare l'immane; che neanche l'inaudito debba contenersi e limitarsi adeguandosi alle condizioni. Ma fuori, fuori non c' è previsione o misura; e se fuori cresce, allora si colma anche in te, non nei vasi parzialmente in tuo potere o nell'indolenza dei tuoi organi più indifferenti: cresce nei capillari, incanalandosi verso l'alto nelle diramazioni più estreme della tua esistenza dalle innumerabili fronde. Là si erge, là ti sovrasta, supera i vertici del tuo respiro nel quale ti sei rifugiato come tuo ultimo scampo. Ah, e poi dove, dove? Il tuo cuore si strappa da te, il tuo cuore ti incalza alle spalle, e sei già quasi al di fuori di te e non puoi tornare indietro. Come un coleottero schiacciato da un piede coli su te stesso e quel po' di durezza in superficie e di adattamento sono privi di senso.
Nessun commento:
Posta un commento