martedì 12 giugno 2007

vapore

Avrei potuto rispondere a quel sorriso sfrontato. All’odore di pioggia e asfalto, di deodorante stratificato dopo una lunga giornata in ufficio, di sapone raffermo del bagno della stazione. Avrei dovuto far qualcosa alla caduta dell’ombrello esattamente in mezzo alle mie gambe mentre aspettavo alla fermata il ritardo dell’autobus. Avrei forse dovuto guardare i concentrici riflessi del tuo piede sulla pozzanghera ed immaginare per riflesso una passeggiata in riva al lago, una cena di candele, tre forchette, due cucchiai, un cestello con bottiglia e vietato deglutire, un cocktail in poltrona e niente fumo che ti invecchia la pelle, io non tocco le sigarette ed i miei anni li nascondo bene.
La mente nella pioggia, lamenti tra le gocce, lamette in una doccia e rivedo il riflesso del tuo viso dal finestrino.
Una faccia, ed un nome che qualcuno ha già scritto prima e che adesso in controluce ha preso le tue sembianze. E col dito lo ripercorro sui vetri appannati. Le lettere di un bambino che, all’uscita della scuola, con grafia ancora incerta, ha disegnato il tuo nome. Il dito sale, scende, sale e scende, risale e riscende, una curva e un anellino, mezzo giro, un cerchietto, una stanghetta e un tondino con la gambetta. Orgoglio della maestra, un bel punto esclamativo!
“Sai se il cinque è già passato?”
Alzo gli occhi e solo allora ti sorrido e tu rispondi, ma non sai perché, illusione di vetro, incanto nell’abbinamento della tua faccia con le lettere tracciate da un bambino. Ora il vapore è tornato aria e lascia gocce lungo il vetro, lascia una parola di bambino, che si legge in controluce.
Chiudo l’acqua e ti immagino al di là del mio vetro. Apro la porta, il vapore esce sbuffando sonnolento. Esco e guardo il capolavoro di una prima elementare, cambia solo la grafia e vorrei tu fossi li e far da sfondo a quelle lettere.

merda.